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III.
Roma, aggredito in metro un insegnante 50enne: fermato 19enne
Roma, aggredito in metro un insegnante 50enne: fermato 19enne
Roma, 13 apr. (LaPresse) - Un insegnante indiano di circa 50 anni è stato ricoverato per una frattura al naso procurata, durante una lite in metropolitana, da un italiano 19enne. È accaduto ieri pomeriggio in un vagone della metro B, all'altezza della stazione Cavour, in direzione Laurentina. L'uomo avrebbe raccontato di essere stato aggredito dal ragazzo che lo avrebbe anche appellato come "brutto straniero", ma al momento non ha presentato formale denuncia. La polizia ha ascoltato il giovane, denunciato per lesioni, che ha parlato di una lite nata dopo qualche spintone per entrare in metro. Il giovane sostiene di essere stato colpito dallo straniero alla testa e di aver a quel punto reagito. Poi, pentito, sarebbe uscito dal vagone per soccorrerlo. Al momento la polizia esclude il movente razziale. "Esprimo tutta la mia solidarietà al professor Nazir Rafiq Ahmad - ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno - per la vile aggressione subita e condanno fermamente l'intolleranza dimostrata dal ragazzo che lo ha colpito. Roma è una grande città che ogni giorno di più afferma la sua natura cosmopolita e che promuove il rispetto delle diversità e dell'identità delle persone".
IV.
Quanto mi resta da vivere?
Lo dice un test del Dna
(Dalla stampa italiana)
L’esistenza di questi indicatori si deve al "trio" Blackburn, Greider e Szostak, Nobel 2009
Calcola la lunghezza dei "telomeri". Si comprerà in Inghilterra a 500 euro
VALENTINA ARCOVIO
Basta una goccia di sangue per scoprire quando arriverà la nostra ora. Sembra una provocazione da film di fantascienza. In realtà, gli scienziati sono convinti di aver trovato il modo corretto di leggere il nostro destino con un test del Dna che fra qualche mese verrà messo in vendita in Inghilterra al costo di circa 500 euro.
Certo, non sarà preciso come una palla di vetro, nel senso che non è in grado di predire esattamente mese e anno di morte e la causa. Ma lo sguardo su una particolare regione del nostro codice genetico è in grado di elaborare una stima relativamente precisa di quanto velocemente si sta invecchiando e quanto tempo ancora ci rimane da vivere.
Il nuovo test, che ha fatto immediato scalpore, con grandi titoli sulla stampa britannica, misura le strutture vitali dei telomeri, vale a dire i «pezzetti» terminali del cromosoma e che ormai numerosi studi scientifici hanno dimostrato essere degli accurati indicatori della velocità di invecchiamento dell’organismo umano. Agli scienziati che hanno scoperto la loro esistenza - Elizabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak – è andato addirittura il Nobel per la Medicina nel 2009, a dimostrazione che la conoscenza dei telomeri può essere determinante per riuscire a capire il processo di invecchiamento degli esseri umani.
Il nuovo test calcola il momento della nostra morte proprio in base alla lunghezza dei telomeri. Si può in questo modo verificare quanto l’età anagrafica rispecchi quella biologica e capire come i nostri stili di vita influenzino la durata della nostra esistenza. Più è piccolo il telomero e più è vicina la nostra ultima ora.
«Ciò che sappiamo - spiega Maria Blasco, dello Spanish National Cancer Research Centre di Madrid, che ha inventato il nuovo test per la Life Lenght - è che le persone con i telomeri più corti del normale hanno anche una minore aspettativa di vita. Non sappiamo ancora se il contrario vale per chi ha i telomeri più lunghi. Ma il test è molto preciso, perché coglie anche le differenze più piccole di lunghezza nei telomeri, nonché la presenza di quelli potenzialmente dannosi».
L’annuncio della prossima commercializzazione ha però suscitato non poche polemiche in Gran Bretagna. Innanzitutto perché c’è il timore che le compagnie assicuratrici possano avvalersi di questo test per decidere se stipulare o meno una polizza sulla vita e quantificarne il valore in base all’esito dell’esame. Inoltre ci sono ancora grossi dubbi su come tante persone saranno in grado di far fronte a un responso non proprio positivo. Secondo i critici, infatti, non andrebbero sottovalutate le eventuali e gravi ripercussioni psicologiche di queste «sentenze di morte». Un sondaggio reso noto dal «Daily Mail» ha rilevato che il 59% degli inglesi non è affatto pronto a conoscere quanto gli resta ancora da vivere.
Per i più ottimisti, invece, il nuovo test può essere un modo per convincere le persone a cambiare il proprio stile di vita e, per esempio, a dire addio a sigarette e alcol. «Sono convinto - ha commentato Jerry Shay della University of Texas Southwestern Medical Centre di Dallas e consulente della Life Lenght – che la gente sia curiosa di sapere qualcosa sulla propria mortalità, visto che il terrore di morire è fra le prime e più durature paure che qualunque persona sperimenta».
V.
Com'è cambiato l'esercito italiano?
(Dalla stampa italiana)
A cura di Raffaello Masci
Oggi ricorre il 150° anniversario della fondazione dell’esercito italiano, e per questo il Capo dello Stato si recherà a Torino. Nelle forze armate confluirono tutti gli eserciti degli ex Stati italiani o solo quello del Regno di Sardegna?
Tutte le forze armate degli ex Stati italiani confluirono in quelle del Regno d’Italia, anche se la cosa avvenne in momenti diversi, ancorché vicini. L’esercito italiano fu fondato il 4 maggio del 1861, la marina si era già unita nel marzo precedente inglobando tutte le marine italiane, a cominciare da quella - importantissima - del Regno delle Due Sicilie.
Com’era costituito l’esercito italiano al momento della sua fondazione?
La struttura è analoga a quella attuale. Esisteva l’esercito (l’arma più antica, risalente al XVII secolo), i carabinieri, la Guardia di Finanza (fondata nel 1774) e la Marina. Non ancora l’Aeronautica, che fece capolino solo nel 1884 come un «servizio speciale» del Genio militare e fu fondata solo nel 1923.
Chi ne era il capo sia politico che militare?
Il Re, assolutamente. Assistito da un folto Stato maggiore, ma con un’autorità indiscussa e indivisa sulle forze armate.
La coscrizione obbligatoria era presente solo negli Stati sabaudi. Come fu vissuta dal resto degli italiani?
Con grande insofferenza in quanto sottraeva braccia al lavoro dei campi. Basti pensare a come viene descritta nei «Malavoglia» di Giovanni Verga. Ma fu anche un fattore fondamentale di unità nazionale, e per questo basti leggere il libro «Cuore» di De Amicis.
Passate le guerre d’indipendenza, è possibile individuare un momento in cui si cementa l’unità tra popolo e forze armate?
Certamente la Prima guerra mondiale, ma anche la guerra di Liberazione. A fianco a questi episodi strettamente bellici, gli italiani hanno potuto apprezzare l’opera delle forze armate soprattutto in casi di calamità: dal terremoto di Messina del 1908 a quello dell’Aquila del 2009.
Cosa cambiò nel regime delle forze armate durante il fascismo?
Nulla da un punto di vista formale, in quanto il sovrano restava ai vertici delle truppe italiane. Di fatto Mussolini ne erose l’autorità fino al punto di autoassegnarsi il grado di Maresciallo d’Italia, condiviso con il Re. Il fascismo, tuttavia, non si fidava delle forze armate proprio per la loro fedeltà al sovrano, e per questo istituì una milizia di volontari che fosse più manovrabile da parte del regime.
Con l’avvento della Repubblica, le forze armate subirono un’ulteriore riforma?
Con l’avvento della Repubblica, il presidente, come sancisce l’articolo 87 della Costituzione, assume il comando delle Forze armate. In tale ruolo presiede anche il Consiglio supremo di difesa, organo di indirizzo generale per la difesa dello Stato, e si avvale di appositi consiglieri militari per le questioni inerenti alle forze armate. L’indirizzo tecnico-politico delle forze armate viene, però, dal ministro della Difesa, che «è preposto all’amministrazione militare e civile della Difesa», di cui è il «massimo organo gerarchico e disciplinare».
Quando finì in Italia la coscrizione obbligatoria?
In realtà non è mai finita. Ma una legge, varata il 14 novembre del 2000, l’ha sospesa, riservandosi però di riattivarla in caso di necessità. Quella stessa legge ha anche aperto alle donne la carriera delle armi.
Oggi quanti sono i cittadini (e le cittadine) in armi?
L’esercito ha un organico di 111 mila unità, la Marina di 35 mila, l’Aeronautica di 48 mila. Queste sono le forze armate con incarichi di difesa in senso stretto. In divisa, però, ci sono anche altri militari, ma con compiti diversi: la Guardia di Finanza, che ha 64 mila unità, e i Carabinieri con 118 mila.
Quanto spende lo Stato italiano per la sua difesa?
Circa 14 miliardi di euro l’anno (che diventano 20 se si aggiungono i bilanci di Carabinieri e Guardia di Finanza), pari allo 0,89% del Pil. La Francia, solo per fare un paragone, ne spende 45, l’Inghilterra 50, la Germania 38.
Come si fa a diventare soldato, sottufficiale o ufficiale delle forze armate?
Per concorso. Solo l’esercito arruola circa 10 mila militari di truppa l’anno, con ferma annuale. Più 150 sottufficiali che debbono frequentare un corso equivalente a quello di una laurea breve. Quanto agli ufficiali dell’esercito, vengono formati dall’Accademia di Modena: 130 posti l’anno.
VI.
La Piovra’ di Damiano Damiani
(Dalla stampa italiana)
Autore: barbera. Data: lunedì, 30 novembre 2009
Dopo le esternazioni sul film rispondono al premier i figli del regista che inventò il commissario Cattani.
“Se trovo chi ha fatto le 9 serie de ‘La Piovra’ e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo giuro che lo strozzo” (Silvio Berlusconi).
Gentile Presidente,
siamo certi di non fare ‘brutta figura’ se mostriamo di essere un Paese che riesce a raccontare i propri problemi e le proprie difficoltà, mentre siamo certi di fare ‘brutta figura’ in caso contrario.
A furia di cancellare la memoria in Italia “l’ignoranza” regna sovrana.
‘La Piovra’ è nata da un iniziale soggetto scritto da Nicola Badalucco, a cui si aggiunsero Lucio Battistrada, Massimo De Rita e nostro padre, Damiano Damiani.
Ennio De Concini realizzò la sceneggiatura e papà, che aveva già all’attivo molti film, come ‘Il giorno della Civetta’, ‘Girolimoni’, ‘Quien Sabe’, ‘Confessione di Commissario di Polizia al Procuratore della Repubblica’. ‘La moglie più bella’ e molti altri, la diresse.
I 15 milioni di spettatori che seguirono la prima serie de ‘La Piovra’ determinarono un successo grandissimo e inaspettato, facendo capire quanto il pubblico sia ben disposto anche verso la denuncia sociale, se ben fatta. Erano da poco morti assassinati GaetanoCosta, Cesare Terranova, Emanuele Basile, Pio La Torre, Pier Santi Mattarella, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici e tanti altri, senza che un solo colpevole fosse stato arrestato e l’opinione pubblica ancora aspettava giustizia.
‘La Piovra’ è del 1984 ed è figlia del cinema di denuncia degli anni settanta, di cui nostro padre è a pieno titolo un esponente con Rosi, Petri, Montaldo, Lizzani ed altri.
Come sarebbe stata la nostra cinematografia senza ‘Mani sulla città’ di Rosi o ‘Il giorno della civetta’ di Damiani? O ‘Sacco e Vanzetti’ di Montaldo e ‘Il Caso Mattei’ di Rosi?
Noi crediamo di dover molto a quel cinema. Crediamo sia stato uno dei momenti di grande democrazia del nostro Paese e quindi ci piacerebbe che chi ci governa voglia rispettarlo.
Nostro padre ha sempre criticato la commistione tra mafia e politica o tra mafia e giustizia, difendendo la democrazia e le sue istituzioni.
‘La Piovra’ fu trasmesso in molti Paesi e vinse premi in tutto il mondo. Ci piace ricordare che Corrado Cattani, pur vivendo situazioni dure e complicate, era l’esempio di un cittadino e di un poliziotto onesto, integro, sensibile, incorruttibile.
Cosi, forse, il commissario Cattani inventato da nostro padre, nella ‘fiction’ sarebbe felice se i politici, di qualsiasi livello ed area politica, sospettati di collusione con la mafia, di crimini, di voto di scambio o di rapporti con la malavita si impegnassero nella difficile arte delle dimissioni.
Lui ne sarebbe stato appagato e gli spettatori del pianeta che l’amarono profondamente avrebbero condiviso con lui l’ammirazione per l’Italia.
Ma ‘La Piovra’ era un film e Cattani un personaggio di fantasia. Nella realtà, a tanti anni di distanza, sappiamo come il nostro Paese potrebbe fare altre ‘belle figure’: onorando le aspettative del commissario e non vergognandosi di lui. Né tantomeno strozzando chi lo fece vivere.